La scuola e il Digital divide che ha mostrato la sua crudeltà

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In questi giorni frenetici in cui ognuno rivendica la priorità per il proprio settore: i parrucchieri. I medici, i commercianti, gli artigiani, i contadini, gl’imprenditori balneari, ristoratori,  camorristi, puttane, lobbysti, speculatori, faccendieri, Noi del mondo della scuola, a difesa dei bambini, dei ragazzi, dei giovani, gridiamo con la voce della ragione per sostenere l’irrinunciabile urgenza di una soluzione che ponga in cima alla lista delle priorità la scuola e il nostro futuro. Anche la Scuola è in agonia e ha avuto i suoi caduti.

Oggi, vogliamo parlare di scuola, attraverso lo scritto di un professore di Liceo che riflette su come la scuola stia affrontando l’emergenza e soprattutto sul tema di chi non ha strumenti e condizione socioecnomica per trarre profitto dall’eroica organizzazione scolastica di docenti di buona volontà.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Occorrerà attendere che il ciclo scolastico annuale si completi, al che potremo tirare delle conclusioni e contare i caduti anche all’interno della scuola italiana

La forzata pausa delle lezioni, dovuta al distanziamento sociale che ci ha imposto il Covid-19, ha riproposto tante fragilità che la scuola italiana vive da decenni, e che per primo mise alla luce il Priore di Barbiana, Don Lorenzo Milani, con il suo Lettera a una professoressa.

Si è imposta una nuova formula di didattica, denominata “a distanza”, nel peggiore dei casi “didattica virtuale”: come se tale intervento educativo, per quanto diverso rispetto alla scuola tradizionale, in presenza, valesse meno di quella “reale”.

Il Virtuale ha enfatizzato quelle disparità che il Reale tendeva a nascondere, che si provava a camuffare dietro interventi perequativi variamente ideati all’interno della fantasiosa attività scolastica nazionale.

I tecnici lo chiamano digital divide, e sta a significare la disparità che esiste tra generazioni o tra classi sociali nel disporre della strumentazione e delle competenze digitali per farle funzionare. In ambito scolastico, questo digital divide ha da subito mostrato la sua crudeltà.

I primi a perdersi, nella difficilmente controllabile partecipazione degli studenti alle lezioni on line, sono stati gli studenti stranieri. Silenziosamente, come per lo più silenziosi entravano in un’aula fisica, sono usciti dall’aula “virtuale”.

Scomparsi, svaniti  nei meandri delle autostrade informatiche, questi studenti sono i primi a perdere chance per il loro futuro. Difficilmente controllabili, non sappiamo neppure dove potrebbero essere adesso: forse tornati nei loro paesi, forse rinchiusi in case nelle quali trovano nella TV l’unica forma di contatto con il mondo.

La scuola, nei confronti di questi studenti, ha delle precise responsabilità. Lo ha la società intera, se vuole essere conseguente alla forza vincolante della legge costituzionale, al suo motore egualitario che è rappresentato dall’articolo 3 della Costituzione repubblicana. Né servirebbe dotare queste famiglie di un semplice tablet, di una semplice connessione wifi: servono interventi di natura formativa propedeutici all’uso di tali strumenti. Interventi che difficilmente un istituto scolastico è in grado di realizzare.

E poi ci sono gli altri, i più piccoli, e pertanto quelli in maggiori difficoltà a seguito dell’isolamento domestico. Dico degli alunni delle prime classi della scuola primaria, per non dire dei bambini delle scuole dell’infanzia. Per loro, essere rinchiusi in casa, perdere i contatti con le proprie maestre o i propri maestri è una rottura del legame educativo fondamentale in tenera età. Come si sono attrezzate le scuole dell’infanzia e le scuole primarie a riguardo?

Non lo sappiamo con precisione: alcune hanno provato degli interventi, ma di natura episodica, non continuativa, altre sono riuscite a stabilire delle classi “virtuali” più strutturate. Ma non è una situazione generalizzata.

E infine c’è la vasta, enorme riflessione sulla didattica, e qui tornerebbero in gioco i docenti: ancora troppo impegnati a rigenerare all’interno del modello on line le strutture concettuali, persino i riti della didattica “in presenza”, del luogo fisico della classe reale. Il che trasforma le lezioni a distanza in una non voluta spettacolarizzazione della lezione del docente. E tale spettacolarizzazione finisce per svilire proprio la lezione e la stessa autorevolezza del docente.

Ma su tale riflessione siamo soltanto all’inizio. Occorrerà attendere che il ciclo scolastico annuale si completi, al che potremo tirare delle conclusioni e contare i caduti anche all’interno della scuola italiana.

Prof. Filippo Di Gregorio , da Cantù

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